Articolo pubblicato sulla rivista “L’Apicoltore Italiano” – numero di Aprile 2020

lavoro in apiarioGli apicoltori che vogliono avvicinarsi al mondo dell’Apiterapia devono proporsi di fornire prodotti BIO, di alto grado di purezza, perseguendo soprattutto la qualità che richiede una sapiente gestione dell’apiario  imitando proprio i  comportamenti e i valori primari delle api, quali:

  • COOPERAZIONE: con gli altri apicoltori
  • ALTRUISMO: aiuto tra colleghi vicini e scambio di notizie
  • OPEROSITA’: non lesinare sforzi e dedizione
  • COORDINAMENTO: soprattutto nelle modalità e nei tempi d’esecuzione dei  trattamenti
  • PARTECIPAZIONE: ad attività di ricerca,  studio e formazione
  • SINERGIA: necessaria per affrontare periodi di crisi e problematiche  di allevamento o di mercato
  • IGENICITA’: aspetto primario ed essenziale in apiterapia

Partendo da questi presupposti, è evidente che etica e onestà siano essenziali nella gestione  consapevole l’alveare lasciando all’ape la libertà di organizzarsi e di produrre secondo la sua volontà.

arnie campo fiori

Ai fini dell’apiterapia  è sufficiente garantire piccole produzioni di eccellenza, sane, genuine e di conseguenza ricche di proprietà nutraceutiche, ricordando che l’ape,  scegliendo il miglior  bottino che trova  in natura, offre già naturalmente  qualità e genuinità, senza nessun bisogno di  interferenza da parte dell’uomo che deve solo preoccuparsi  di collocarle in territorio appropriato  e di mantenere, con l’igiene,  l’alveare in salute.

Si tenga ben presente che l’allevamento entomologico non può essere paragonato all’allevamento zootecnico. Le api non si rinchiudono in recinti, non si “foraggiano”, non sono vacche da produzione, ma  esseri appartenenti agli animali selvatici e tali rimarranno. E’ soprattutto per questa ragione che ne va  rispettata e perseguita  l’autoctonia.

Infatti, gli ecotipi locali (autoctoni)  che vivono sul territorio da generazioni  sono  i più attrezzati a difendersi in quanto adattati all’ambiente  e per questo dotati di  un idoneo patrimonio genetico che  ne assicura la sopravvivenza. Un concetto che stenta ancora ad essere compreso nella sua importanza, pur nella sua semplicità ad essere attuato,  è la riproduzione delle rimonte (allevamento di regine e produzione di fuchi) che debbono assolutamente essere realizzate nell’abito del proprio apiario, luogo in cui la biodiversità è comunque garantita dalla innata variabilità genetica che sussiste in ogni realtà apistica locale.

Considerando la delicatezza, la  complessità e la peculiarità dell’allevamento apistico , raccomando un’adeguata formazione pratica e teorica, che privilegi soprattutto la profonda conoscenza della sanità apistica ancor prima delle tecniche di produzione! (Linee guida per la salvaguardia, valorizzazione e conservazione dell’Ape Italiana Autoctona (Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806)) – Prof. Tiziano Gardi Univ. Perugia http://www.apicoltorialtolazio.it/wp-content/uploads/2019/06/Rieti-27.04.2019-Gardi-Petrarchini.pdf )

campo arnieCon queste premesse, a mio avviso, sarebbe  da evitare l’alimentazione forzata che potrebbe interferire sugli equilibri complessi e perfetti delle api e che indebolirebbe le naturali caratteristiche di adattamento oltre che influenzare gli orientamenti innati. Si suggerisce, pertanto, di adottare il massimo rispetto degli equilibri comportamentali propri della specie evitando al massimo di interferire “tecnologicamente” e di lasciare la libertà a questo insetto selvatico di organizzarsi ed evolversi.

Ogni intervento umano, se scorretto, potrebbe essere causa di effetti negativi come ad esempio la frequente e deleteria pratica dell’ibridazione con ecotipi non autoctoni che produce conseguenze secondarie, quali aggressività, difficoltà a superare periodi invernali per carenza di scorte e moria.

E’ quindi  buona norma che il comportamento dell’apicoltore nel condurre l’apiario  sia rispettoso nel  non forzare  il “sistema alveare”,  lasciando le api di decidere i loro tempi e i  loro ritmi.

Come già accennato, ritengo  che il primario pensiero dell’apicoltore sia  quello di assicurare alle sue api:

  • un territorio salubre con grande varietà di piante pollinifere e nettarifere, preferibilmente  autoctone, per valorizzare anche la specifiche qualità nutraceutiche offerte dai pascoli di zona;
  • collocare l’apiario lontano da insediamenti industriali, colture intensive e aree inquinate;
  • preferibilmente non superare i 20/30 alveari per postazione;
  • consorziarsi con gli altri apicoltori della zona  per effettuare i trattamenti antivarroa contemporaneamente con l’obiettivo di  arginare il problema reinfestazione.

A tal proposito sarebbe opportuno che gli apicoltori professionisti dedicassero un apiario specifico da destinare alla produzione di prodotti per l’apiterapia e da gestire con pratiche tese a garantire la migliore qualità.

Prendiamo esempio dalle api: quando  si stringono unite, fanno corpo per affrontare i problemi della famiglia, dovremmo fare così anche noi!  In una società votata all’egoismo, sforziamoci a   capire il “senso comune”, il “bene comune” , la generosità e  la laboriosità che  le api ci insegnano: copiamole!!

L’apicoltore che vuol dedicare la sua produzione  all’apiterapia dovrebbe opportunamente abbandonare l’atavica convinzione di fare tutto da solo. In apiterapia sinergicamente tutti hanno un ruolo e l’apicoltore è il farmacista della situazione. Occorre però fare gruppo, specializzarsi, studiare, agire e avere grande competenza sulla qualità dei prodotti dell’alveare.

L’ape lavora non solo per il suo personale fabbisogno, fino alla fine delle sue forze,  ricordiamoci sempre che quando sciama non lascia la casa vuota a quelle che rimangono ad  aspettare la nuova regina che nascerà.

Le api  praticano una condivisione partecipata: copiamole!!

Dedicarsi alla produzione con un alto grado di purezza, adottando buone pratiche, potrebbe  segnare la strada da percorrere per contribuire a salvare le api e concorrere a mantenere, rispettandola, la BIODIVERSITA’ (CARTA  SAN  MICHELE  ALL’ADIGE – https://biodiversityassociation.org/wp-content/uploads/2018/06/Carta-di-San-Michele.pdf)

a cura di Rita Franceschini – Perito Agrario,  Apicoltrice, Tecnico apistico
Gruppo Api&Benessere di WBA onlus